Si racconta che, durante una grave carestia che colpì la città di Palermo, il popolo si rivolse a Santa Lucia, patrona di Siracusa e protettrice degli occhi e della vista. La Santa ascoltò le preghiere dei fedeli, e fece arrivare in città una nave carica di frumento. La fame era così tanta, che le persone cucinarono quel grano senza neanche trasformarlo in farina. Da qui nasce quindi la tradizione, in occasione del giorno 13 Dicembre, di consumare esclusivamente pasti a base di chicchi interi (riso o grano). La cuccìa e le arancine sono i due piatti tipici che non possono mancare sulla tavola del palermitano il giorno di Santa Lucia. Mentre, però, la cuccìa si mangia solo in occasione di Santa Lucia, le arancine possono essere gustate tutto l’anno.
La cuccìa, quindi, è una pietanza a base di grano cotto. Nella tradizione popolare contadina, viene consumata a minestra, salata e condita solo con olio e pepe. A Palermo, invece, città barocca per eccellenza, viene servita dolce, condita con ricotta di pecora, cioccolato e scorze di arancia candite. Oggi ve la propongo nella tipica versione palermitana
Cuccìa
1/2 Kg grano
1/2 Kg ricotta di pecora
200 gr zucchero
cannella
scorza di limone grattugiata
50 gr cioccolato in scaglie
2 cucchiai di scorza di arancia candita a cubetti
2 cucchiai di uvetta ammorbidita (facoltativo)
La preparazione tradizionale della cuccìa richiede tempistiche specifiche. La sera del 9 Dicembre si mette a bagno il grano in acqua fredda. Il grano va tenuto a bagno per 2 giorni, cambiando l’acqua 3/4 al giorno. La sera del 11 si fa cuocere il grano in abbondante acqua NON salata fino a completa cottura, girando spesso in modo da non farlo attaccare (ci vorranno parecchie ore, per questo motivo, a volte, si preferisce utilizzare la pentola a pressione, avendo l’accortezza di spegnere, far fuoriuscire il vapore e mescolare ogni 30 minuti). Quando il grano è cotto, si spegne la fiamma e si lascia riposare. La sera del 12 dicembre, si preleva il grano dalla pentola, si condisce con la ricotta, lo zucchero e gli aromi e si ripone in frigorifero. Nel caso in cui, invece, la si volesse gustare in versione salata, la sera del 12 vi si aggiunge il sale. Giorno 13 si riscalda e si impiatta, condendo con pepe nero e olio.
Considerata la lunga preparazione, oggi spesso si preferisce usare il grano cotto in barattolo, lo stesso che si usa per la pastiera napoletana. E’ sicuramente più pratico, ma il gusto sarà nettamente diverso.
Buon Appetito!
Stefania
6 commenti
Nella mia provincia non si usa questo dolce anche se nella vicina Siracusa devota al culto della Santa la si prepara. Voglio provarla perchè gli ingredienti sono, come in tutti i dolci siciliani, eccezionali!
Ogni famiglia ha la sua ricetta, c’è chi la serve con il biancomangiare, chi con una crema al cioccolato. Questa è la tipica versione palermitana. In realtà, a parte il trattamento del grano, è piuttosto semplice da preparare. Fammi sapere se ti piace!
La mia preparazione è di un mio amico palermitano che mi ha dato la ricetta simile alla tua. Un’amica di Caltanissettala invece la prepara per tutti i santi senza cioccolato.
Beh si … viene preparata in modi diversi a seconda delle zona. Ma la ricetta varia anche da famiglia a famiglia. In ogni caso, è sempre molto buona
Ho avuto la fortuna di assaggiare questa delizia, versione dolce, anni fa. E’ una droga meravigliosa entrata di diritto tra le mie coccole preferite.
E’ vero, è molto buona. Dove l’hai mangiata? Era simile alla mia? Ogni famiglia ha la sua ricetta, c’è chi la serve con il biancomangiare, chi con una crema al cioccolato