Fosse stata una ricetta normale, avrei destinato queste parole alle note finali. Invece questa è una ricetta storica. Almeno per la mia famiglia. E necessita del giusto spazio.
Ricordo la farinata fin da quando ero piccola. E ricordo che ogni volta, riuniti stretti stretti intorno al tavolo, c’era tutta la mia famiglia, che, tra una lingua scottata e l’altra, ricordava i tempi dei nonni, e dei nonni dei nonni, in cui questo piatto povero veniva gustato nello stesso identico modo: fumante.
La farinata è un modo di vivere: semplice, gustoso, antico, rituale.
Prima di tutto gli ingredienti: anticamente si usava la farina di ceci. Nel tempo, forse per problemi di reperibilità o forse più semplicemente a qualche avo non piaceva molto, è stata sostituita dalla semola di grano duro.
E poi lo “sparacello”. Quello di campagna, quello tenero che cresce proprio con i primi freddi, leggermente amarognolo, dal gusto molto forte (lo vedete nella foto giù). Oggi c’è la mia nonna che lo coltiva, che lo cura e lo raccoglie. Ma quando anche lei sarà andata via, di questa verdura rimarrà solo il ricordo. Perchè ciò che si acquista al mercato non ha lo stesso intenso sapore delle verdure di campagna.
E infine il rituale: questa zuppa fumante, bollente, ustionante. Servita in piatti fondi, mangiata a poco a poco, seguendo con il cucchiaio il bordo del piatto, per raccogliere la crema che si fredda per prima, formando una leggera crosticina. E il formaggio, che si scioglie all’istante con il contatto con la zuppa calda, che insaporisce ogni cucchiaiata. Una vera goduria per il palato, insomma: una diversità di consistenze che la rende irresistibile.
Se se ne vuole preparare una porzione abbondante, ciò che resta veniva lasciato freddare nel piatto, poi tagliato a strisce e fritto. Il principio è lo stesso delle panelle: del resto è sempre farina di ceci cotta. Qui c’è anche lo sparacello, un connubio di sapori assolutamente indimenticabili.
Nota finale: proprio come per le panelle, nel fondo della pentola rimarrà uno strato spesso di farina cotta, un pò rappresa e un pò bruciacchiata. Questa “crosta”, raschiata dal fondo con un cucchiaio di legno, viene anch’essa fritto: è la “rascata”, la parte migliore, dicono gli antichi saggi. E si sa, loro non mentono mai.
Nota finale: proprio come per le panelle, nel fondo della pentola rimarrà uno strato spesso di farina cotta, un pò rappresa e un pò bruciacchiata. Questa “crosta”, raschiata dal fondo con un cucchiaio di legno, viene anch’essa fritto: è la “rascata”, la parte migliore, dicono gli antichi saggi. E si sa, loro non mentono mai.
Questa è la nostra minestra invernale. Quella della mia famiglia. Non ho idea se ce ne siano versioni simili in altre città o in altre regioni. Ho voluto rifare la ricetta antica, quella con la farina di ceci. Io l’ho trovata sublime. Ne ho mangiato un piattone enorme, con gusto, bruciandomi leggermente la lingua ad ogni cucchiaiata.
Farinata:
Per 3-4 persone:
2 cipolline (quelle strette e lunghe dal sapore dolce)
una manciata di sparacelli (fiore e foglie)
olio extravergine di oliva
acqua (circa un litro)
farina di ceci
sale
pecorino o parmigiano a scaglie
farina di ceci (circa 250 gr)
Come ogni minestra di tradizione che si rispetti, le dosi sono assolutamente a occhio. Ciò che dirige il tutto è la quantità di acqua, da regolare in base al numero di persone che siederanno a tavola.
In una pentola dal fondo spesso, fare un soffritto con la cipollina e l’olio. Fare insaporire e poi aggiungere gli sparacelli puliti e tagliati a pezzetti, fare insaporire e poi aggiungere acqua bollente salata. Quanta? Quanta ne serve per coprire completamente le verdure. Diciamo che la mia pentola di dimensione media era piena fino a metà. Fare cuocere il tutto per una decina di minuto. Poi scolare le verdure e mettere da parte. Versare la farina di ceci a pioggia all’interno dell’acqua di cottura delle verdure, mescolando continuamente con una frusta. Quanta farina? Sempre a occhio, naturalmente. Dovrete ottenere una consistenza spessa e cremosa. Far cuocere una quindicina di minuti, continuando a girare con la frusta. Regolare eventualmente di sale. La farina di ceci, essendo molto sottile, tende a creare dei grumi. Sarà quindi necessario dare una frullatina con il minipimer (è per questo che avevamo scolato le verdure e tenute da parte, per non frullare anche loro). Dopo aver frullato, reinserire le verdure e terminare la cottura*. La mia ha cotto una ventina di minuti in tutto. A questo punto, impiattare e servire bollente cospargendo con formaggio (pecorino o parmigiano a piacere) grattuggiato.
* questa operazione di allontanare le verdure per frullare la crema, non si rende necessaria nella versione “moderna” ottenuta con farina di grando duro
Partecipo al contest del Mine(st)renne gluten free di Stefania
Buon Appetito!
Stefania
10 commenti
In Puglia non la si consuma per cui non ho mai avuto modo prima di approfondire le nozioni sulla farinata, è bello ritrovare la storia e le origine di piatti che ho assaggiato solo da adulta.
Buona Giornata*
Francesca
Non l'ho mai assaggiata. Ma visto che servono pochi ingredienti potrei prepararla per pranzo!
io come farinata conoscevo solo quella ligure.. questa proprio mi è nuovissima! beh ho imparato qualcosa :))
Splendida ricetta Stefania…profuma davvero di buono! Bravissima simo
Cioè, e questa meraviglia colo sparecello della nonna, non me lo facesti assaggiare????
Mi hai fatto commuovere con la storia… e però un appunto agli avi che hanno sostituito la meravigliosa farina di ceci, con quella di grano, glielo devo proprio fare…! 😉
Ciao, pure noi conoscevamo solo la farinata ligure! La tua perà ci piace davvero molto: un piatto ricco che sa di tradizione e come tale davvero gustoso e caldo!
un bacione
Sai che è abbastanza simile a quella che posterò domani???…che bello ritrovare tradizioni simili in tutta la penisola!!!
buona giornata
loredana
Francesca: credo che esista qualcosa del genere anche in altre regioni, del resto sono ingredienti poveri di uso comune una volta. In ogni caso, concordiamo tyutti sul dire che è buonissima!
Roberta: è molto semplice e riscalda: il cuore e il corpo!
Monica: anche io conosco, ma soo di nome, la farinata ligure. E credo di aver capito che è eccezionale!
Simona: profuma di ricordi!
Stefania: dovevi fermarti ancora una'ltra oretta … mannaggia!
Manuela e Silvia: peccato che, come accade ormai troppo spesso, i piattipoveri dei nonni si vanno perdendo con le nuove generazioni!
Loredana: curiosa me! A domani, allora!
Certo che ci sono cose che non si dimenticano e che affiorano con un profumo o un sorso di zuppa, come questa! Che bel post e che stupenda ricetta… sono favorevole al raschiato della pentola!!!mmmm!
besos
Credo che gli sparaceddi siano quelli che a Mazara chiamiamo qualedda. Questa farinata è la fine del mondo!!!